Comunicato stampa del Gruppo Lavoro Rifugiati Onlus
In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, non possiamo che tornare a reclamare il permesso per motivi umanitari per i migranti fuggiti dalla Libia. La loro situazione ben rappresenta
la fragilità del diritto d’asilo in Italia.
Mentre il 15 maggio 2012 il governo ha prorogato la validità dei permessi umanitari per protezione temporanea rilasciati ai sensi del D.P.C.M. del 5 aprile 2011 e successivamente rinnovati lo scorso 6 ottobre, non vi è ancora nessun atto del governo per i circa 25.000 richiedenti protezione, arrivati in Italia dopo il 5 aprile 2011 dalla Libia o dai paesi della “primavera araba”!
A chi era giunto entro il 5 aprile 2011, il Governo italiano ha concesso un permesso di soggiorno per motivi umanitari di sei mesi in base all’art. 20 del T. U., successivamente prorogato; invece tutti coloro che sono arrivati in Italia dopo il 5 aprile 2011 ne sono rimasti paradossalmente esclusi, anche se erano stati costretti a fuggire dalla Libia o dalle altre zone limitrofe a causa della grave situazione di instabilità che continua tuttora a perdurare.
Per i migranti giunti dopo il 5 aprile si è assistito dunque ad un trattamento differenziato: tutti coloro che provengono dalla Tunisia sono respinti alla frontiera, oppure espulsi, trattenuti nei CIE, rimpatriati; mentre gli altri migranti, provenienti prevalentemente dalla Libia ma con cittadinanza diversa da quella libica, sono stati accolti nel piano straordinario di accoglienza “Emergenza Nord Africa”, un sistema d’accoglienza parallelo a quello già esistente dei CARA e dello SPRAR, e di fatto inseriti forzatamente nel “sistema asilo”.
Tutte/i sono stati costretti ad abbandonare la Libia per salvarsi dalla guerra o perché costretti ad imbarcarsi, hanno affrontato enormi rischi navigando con mezzi di fortuna attraverso il Canale di Sicilia, molti di loro sono morti in mare, molti nuclei sono stati separati e tanti risultano ancora dispersi.
L’unica possibilità di regolarizzare la loro presenza in Italia è stata la richiesta di protezione internazionale, senza che vi fosse una reale alternativa.
Ma la procedura lunga e macchinosa della protezione internazionale non rispecchia esattamente la logica dell’emergenza a cui pure tutto questo sistema si è ispirato ed attualmente non sta sortendo altri effetti se non un diniego della protezione internazionale nella maggior parte dei casi e difficoltà nell’esercizio della tutela giurisdizionale.
Assistiamo all’ennesimo paradosso delle politiche migratorie: persone fuggite da una guerra, costrette ad abbandonare il luogo in cui si svolgeva tutta la loro esistenza, rischiano oggi di rimanere prive del diritto di soggiorno e, quindi di qualsiasi prospettiva di vita futura, senza un intervento urgente da parte del governo per la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale in presenza di presupposti.
D’altra parte però, la situazione d’ instabilità generalizzata nell’area del Nord Africa è ancora tale da aver spinto il Governo a dichiarare lo stato di emergenza e l’accoglienza fino al 31 dicembre 2012!
E’ trascorso circa un anno e non possiamo che confermare e sottolineare che la situazione di queste donne e questi uomini in Italia è priva di reali sbocchi, se non quello verso marginalità sociale e precarietà esistenziale, anche per persone particolarmente vulnerabili. Il rischio attuale è, per queste donne e questi uomini, la clandestinizzazione e l’unica prospettiva è diventare forza lavoro senza alcun diritto, e dunque maggiormente ricattabile.
Tanti sono stati gli appelli da parte delle organizzazioni ed enti locali, per la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari per tutti coloro che sono giunti e che continuano ad arrivare dalla Libia e dalle zone del nord Africa tuttora interessati da instabilità e con complessi processi di trasformazione politica in atto.
Queste donne e questi uomini, costretti ancora una volta ad interrompere i propri progetti di vita, sono bloccati da circa un anno in un precario sistema di accoglienza, in una situazione di incertezza e sospensione che produce ed amplifica marginalità e vulnerabilità.
Consideriamo il permesso per motivi umanitari, un primo atto necessario per consentire a queste donne e a questi uomini di riprendere in mano la propria esistenza, violentemente interrotta dai conflitti, attraverso il riconoscimento di un diritto minimo fondamentale quale è quello del diritto di soggiorno e quello della libera scelta.
Chiediamo che anche gli amministratori locali sostengano la richiesta di rilascio di un permesso per motivi umanitari ed insistiamo per una soluzione positiva alla grave situazione che si sta sempre più determinando sui nostri territori, che rischia di produrre una vera emergenza e determinare una spirale di esasperazione e repressione.
Bari, 20 giugno 2012
L’Associazione Gruppo Lavoro Rifugiati onlus